La leggenda della Conca del Prà
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L'ampia conca del Prà, era un tempo un grande lago, custodito da fate, ben gelose di questo loro possesso... Le fate erano creature il cui modo di vivere era di poco differente dai pastori della zona, con i quali esse intrattenevano piacevoli relazioni. Sempre disposte ad aiutare i più deboli si allontanavano ridendo solo di fronte a proposte di matrimonio...
Masca o Soursìe, Fate o Fantine
Sono probabilmente i liguri alpestri che con la loro fantasia infantile popolarono di fate (fantine) i dintorni delle loro abitazioni. Questi luoghi ben conosciuti apparivano loro sotto aspetti sempre nuovi quando la nebbia vi scherzava condotta dai capricci del vento o quando vi si scatenava la tormenta. Vi si potevano allora veder danzare lievemente le fate, al di sopra delle valli; per esempio ad Angrogna, dal Banhòou al Sap.
I ritiri preferiti dalle fate erano i laghi e le grotte, o semplicemente le rientranze delle rocce, come la Roccha dar Courtil, vicino a Bobbio, la Roccha d' la Fantina, al di sopra dei Coustans (San Giovanni), o il Pertus d'la Fantina che si apre sotto il Pertus d' l'Archa, risalendo il vertiginoso canalone detto Coulòou de Courtilhira, sul fianco sinistro del Coumbal Frèse (Angrogna).
Generalmente le «fantine» nutrivano sentimenti benevoli verso gli uomini: concedevano la pioggia e il bel tempo, li avvertivano dei pericoli incombenti, li aiutavano a trovare dei tesori, lavoravano perfino per loro, senza tuttavia lasciarsi rubare il segreto delle loro attività. Quando qualcuno le offendeva, cambiavano residenza.
Alle misteriose Fate o Fantine che fanno parte del patrimonio religioso degli antichi Liguri, le Soursìe o Masc (Masca) vanno ad aggiungersi e talvolta confondersi o sostituirsi.
Le Soursìe o Masc sono generalmente nocivi e incutono terrore, pare che siano retaggio delle invasioni dei Celti, le credenze negli stregoni, nei talismani, nelle pozioni incredibili e disgustose.
... Un giorno, un pastore alla ricerca di nuovi pascoli per i suoi animali, scoprì questa incredibile distesa d'acqua che rendeva particolarmente verdi le praterie circostanti. Della scoperta ne parlò ai valligiani che numerosi portarono i loro animali a pascolare in quelle praterie. La cosa non venne però gradita dalle fate, che decisero di abbandonare per sempre il luogo, non prima tuttavia di aver inflitto una punizione agli abitanti della valle.
Una fata che viveva in una grotta nei pressi del lago, quando seppe che la sua comunità intendeva abbandonare il posto dopo aver svuotato il bacino nella valle sottostante ne parlò subito con il giovane pastore con cui era entrata in amicizia, affinché egli, nei tre giorni che precedevano l'evento, avesse il tempo di avvisare tutti i valligiani, e così fece.
Le fate frantumarono infatti il poderoso argine che a valle conteneva il lago, causando un'immane inondazione, mentre le rocce, trascinate fino nella pianura dall'irruenza dell'acqua, andarono a formare la Rocca di Cavour.
La vicenda è metafora per certi versi del cammino dell'uomo verso l'acquisizione di nuove conoscenze.
(bibliografia "leggende e tradizioni del Pinerolese"di D.Priolo e G.V.Avondo)