La leggenda del buco del diavolo (Caburna)
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I prati del territorio di Bibiana sono irrigati con l'acqua di un canale derivante dal Pellice, il canale scorre per circa 30 metri sotto il traforo d'un poggio denominato Caburna.
Opera questa dei benedettini di Santa Maria di Cavour, i quali nel 1041 avevano ottenuto dalla contessa Adelaide e dai signori di Fenile, di fare un acquedotto di dodici piedi di latitudine.
Il traforo è denominato dal popolo «buco del diavolo».
Ed ecco la leggenda che vi è annessa:
La leggenda del lago Malconsei o Marconsei
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A un'ora di strada al di sopra del ridente pianoro del Pra, sulle alture di Bobbio, un bel lago nasconde la sua superficie d'un azzurro profondo, ai piedi del Manzol, sul fianco destro della valle.
Un pastorello si trovava sulla riva quando scorse, dall'altra parte del lago, una ragazza dalla bellezza raggiante, che lo invitava a raggiungerlo.
Masca o Soursìe, Fate o Fantine
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Sono probabilmente i liguri alpestri che con la loro fantasia infantile popolarono di fate (fantine) i dintorni delle loro abitazioni.
Questi luoghi ben conosciuti apparivano loro sotto aspetti sempre nuovi quando la nebbia vi scherzava condotta dai capricci del vento o quando vi si scatenava la tormenta.
Vi si potevano allora veder danzare lievemente le fate, al di sopra delle valli; per esempio ad Angrogna, dal Banhòou al Sap.
I segreti delle fate di Barma d'Aout
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L'accoglienza che offre Barma d'Aout viene da lontano, fin dal territorio dove mito e storia si incontrano.
Prima che in questi anfratti, ben visibili da chi risale il Vallone di Subiasco avvicinandosi agli alpeggi di Barma d'Aout, trovasse rifugio quel gruppo indomito di valdesi, ricordati appunto nella memoria e nella tradizione storica come gli Invincibili, un gruppo di fate li aveva già eletti a sua residenza.
La leggenda della Conca del Prà
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L'ampia conca del Prà, era un tempo un grande lago, custodito da fate, ben gelose di questo loro possesso... Le fate erano creature il cui modo di vivere era di poco differente dai pastori della zona, con i quali esse intrattenevano piacevoli relazioni. Sempre disposte ad aiutare i più deboli si allontanavano ridendo solo di fronte a proposte di matrimonio...
Il selvaggio della Val Guichard
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«...nel 1159 Guglielmo di Luserna cede ai monaci di Staffarda i pascoli della valle "Guicciarda" (Comba dei Carboneri)...».
Nella zona della Comba dei Carboneri e precisamente degli alpeggi del Piss, della Giàna e della Roûssa, tenuta per tanti anni dai monaci di Staffarda, i pastori dei monaci conducevano a pascolare gli armenti e dove in caso di intemperie trovavano rifugio nei vari giass (costruzioni di ricovero), alla sera scendevano fino al ripiano delle Sele ( Toponimo derivante dal basso latino «cella» che significa luogo dove si manipola il latte) per la manipolazione del latte... E lì in compagnia si raccontavano storie fantasiose: