La leggenda del buco del diavolo (Caburna)
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I prati del territorio di Bibiana sono irrigati con l'acqua di un canale derivante dal Pellice, il canale scorre per circa 30 metri sotto il traforo d'un poggio denominato Caburna.
Opera questa dei benedettini di Santa Maria di Cavour, i quali nel 1041 avevano ottenuto dalla contessa Adelaide e dai signori di Fenile, di fare un acquedotto di dodici piedi di latitudine.
Il traforo è denominato dal popolo «buco del diavolo».
Ed ecco la leggenda che vi è annessa:
Già più volte i monaci della Bazia di Cavour si erano riuniti per vedere il modo d'irrigare le fertili praterie poste a levante di Bibiana, ma il progetto era stato sempre abbandonato, poiché il poggio detto «Caburna» elevandosi dinanzi qual muro, ne impediva il passaggio.
Ma una sera. in cui frate Guidone implorava fervidamente da Dio il mezzo di condurre l'acqua ai prati arsi dal sole, gli apparve nella sua celletta un uomo, vestito da grande e potente signore.
- Chi sei? - domandò sgomento il buon padre Guidone.
- Non importa il nome, o frate - rispose sorridendo il misterioso personaggio tu hai chiesto a Dio un mezzo per condurre l'acqua attraverso alla Caburna: ebbene, io te l'insegnerò, a patto però che tu mi venda l'anima tua.
Allibì padre Guidone, poiché dalla domanda tosto comprese che chi gli stava dinanzi era il diavolo.
- Che vuoi tu farne della povera anima mia - chiese frate Guidone. - Non devi saperlo: accetta e il desiderio tuo e della Comunità a cui appartieni sarà soddisfatto.
Rimase perplesso il frate,
imperocché gli fosse venuto in mente una bizzarra idea, e quindi, alzando il capo, rispose:
- Mia o d'un altro, a te poco importa: io prometto farti dono d'un'anima, accondiscendo.
- Sta bene - rispose l'ignoto visitatore - vieni meco. E sì dicendo lo prese per mano, trasportandolo qual lieve foglia mossa dal vento, nell'oscurità della notte, sino al poggio Caburna, ove lo depose dolcemente a terra. Tremava verga a verga il buon frate, ma la speranza di vedere esaudito il suo ardente desiderio, gli fece morire sulle labbra il grido invocante aiuto.Ma quanto gli fu dato di vedere lo meravigliò interessandolo grandemente.
Lo sconosciuto battè del piede sulla terra e tra vapori di zolfo e fiamme giallastre uscirono centinaia d'uomini rossi, che ad un suo cenno entrarono nella roccia che ebbe un fremito e quindi si squarciò. lasciando un grande passaggio o traforo.
- Vedi - gli disse il misterioso personaggio -, eccoti esaudito. Ora ritornerai alla tua cella, dove domani notte verrò a ricordarti il patto ed a prendere l'anima convenuta.
Quindi si dileguò nelle tenebre della notte.
All'indomani mattina i frati trovarono la cella di padre Guidone vuota.Temendo qualche disastro lo cercarono per la campagna, e tramortito, privo di sensi, lo trovarono sul poggio Caburna, presso il buco scavato nella notte dal diavolo.
Fattolo rinvenire e prestategli le dovute cure, il buon frate tremando raccontò la sua avventura e la promessa fatta.Sbigottirono i fratelli, poiché nessuno voleva essere sacrificato al diavolo, ma padre Guidone, sorridendo, li rincorò, poiché egli sapeva come trarsi d'impaccio.
Infatti, nella notte buia attese in compagnia d'un solo cane, l'ora fatale, in cui sarebbe venuto il terribile visitatore. Dopo alcune ore, tra il fragor di catene infatti egli apparve.
- Eccomi, è l'ora d'attendere alla tua promessa.
- Sia fatta la tua volontà - rispose padre Guidone, facendo il segno della croce e biascicando orazioni -. Ecco l'anima promessa! e sì dicendo gli presentò il cane.Il diavolo, vedendosi corbellato, scagliò un'orribile bestemmia e fece per colpire il frate: ma questi orando, aveva ottenuto l'aiuto di Dio, che impediva a Satanasso di avvicinarsi.
Proferendo grandi minacce, questi, visto vano ogni tentativo per vendicarsi, si allontanò per non più ritornare.
Così i Benedettini di Cavour ottennero fosse fatto un canale attraverso il colle Caburna.
Il testo pubblicato molti anni fa, è oggi raro da: (L'eco del chisone del 10 novembre 1906)